Una famiglia in missione
Una famiglia adottiva assume anche i connotati di una famiglia cristiana in missione.
È la testimonianza che i pezzi della vita della giovanissima Cristina vanno ricostruendosi con l’amore dei genitori fortemente intrecciato a credi e valori, così come i suoi precedenti legami relazionali continuano a vivere in libertà pure affidati solo ad una preghiera.
Siamo una famiglia adottiva di Catania, in missione a Salisburgo, in Austria, per conto della Chiesa Cattolica. Siamo stati inviati in missione dal Santo Padre Benedetto XVI nel gennaio 2009 assieme ad altre duecento famiglie, nelle zone più scristianizzate della terra per l’opera della Nuova Evangelizzazione e facciamo parte del Cammino Neocatecumenale.
Nello stesso anno abbiamo concluso l’adozione internazionale e siamo genitori dal gennaio 2009 di una bella bimba ucraina di 12 anni, di nome Cristina.
Abbiamo lasciato tutto (una bella casa grande, un buon lavoro, affetti…) e abbiamo vissuto questi primi anni isolati dal tessuto di questa città molto ricca ma anche molto triste, che non vuole stranieri tanto più se sono poveri e senza lavoro, ma noi, pregando per loro, sappiamo di fare la volontà di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvati.
La Grazia supera anche le nostre debolezze, così ci dona la forza di combattere rimanendo quì e dando testimonianza anche silenziosa con la nostra presenza di famiglia cristiana. In questa citta’ sono quasi tutti separati e la famiglia non rappresenta un valore; Cristina ci dice che nella sua classe una bimba ha 4 fratelli con 4 padri diversi ed è sempre triste; sono molte anche le bambine che vivono con i nonni.
Questa estate, in preparazione alla giornata mondiale della gioventù di Madrid, siamo andati in una città della Germania assieme a tutta la missione in Austria (i catechisti itineranti, le famiglie con i nostri figli, i preti e i seminaristi) ad invitare per le strade i giovani a partecipare all’incontro con il Papa e ad annunciare l’amore di Dio. Abbiamo ricevuto molti rifiuti. Anche Cristina è andata a parlare con dei ragazzini che al mattino erano già ubriachi; lei ha detto :”Io ero senza genitori perchè sono morti e stavo molto tempo senza casa, sempre fuori, ma Gesù è buono, mi ha dato due genitori e una casa e mangio tutti i giorni. Anche voi dovete credere in Gesù”, e loro hanno ascoltato.
Papa Benedetto XVI dice che la famiglia cristiana in missione è “il primissimo modello di predicazione apostolica” e ci incoraggia a non voltarci indietro. Attualmente ci appoggiamo in una delle poche parrocchie cattoliche della città, l’unica che tramite il parroco ha chiesto la missione; molti sono protestanti ed evangelici ma comunque non fa molta differenza, infatti, tutte le chiese sono sempre vuote escluso la domenica quando si vedono persone anziane; le altre chiese che non sono chiuse ci sembrano più dei musei. Nell’eucarestia sperimentiamo la pace e la comunione con questa gente anche se ci sono estranei e non sempre capiamo quello che dicono. Con le altre tre famiglie sperimentiamo che questa comunione non viene da noi ma dal fatto di stare qui disposti a soffrire per Cristo. Con la lingua siamo una frana, mentre Cristina impara velocemente.
I rapporti con i nostri vicini sono quasi inesistenti, non parlano mai perchè non sono abituati e ogni tanto dal balcone ci salutano, vedono i nostri visi sereni ma non capiscono da dove ci viene questa pace e pensiamo che anche questa e’ la nostra missione: essere testimoni silenziosi perchè molte volte parlano i nostri volti.
Nostra figlia Cristina ha imparato bene la lingua e ci prende anche in giro, soffre anche lei la solitudine ma anche lei si sente chiamata a partecipare alla missione per questa terra. Sa che siamo venuti qui perchè è il Signore che ha scelto per noi questo posto. La sera ella prega per i suoi parenti e il suo viso sereno ci dice che il Signore ha preparato pure lei quando in Ucraina ce l’ha messa davanti.
Non sappiamo perché siamo qui, non riusciamo a capire nulla dei disegni di Dio, nè possiamo fare progetti sulle nostre vite ma siamo in pace e con una allegria profonda che non viene da noi.
Dario, Anna Maria e Cristina Maria